Sì, quando ci si fa male bisogna essere in grado di prestare il primo soccorso. Chiamare i soccorsi “veri”, stabilizzare l’infortunato. Per fare questo è necessario prestare le prime cure con un kit di pronto intervento da avere sempre con sé. Anche la coperta termica è molto efficace in caso di ipotermia, colpo di calore, attacco di panico. A seconda del lato in cui viene girata ed applicata, favorisce il riscaldamento o il “rinfrescamento” della persona.
Ma a livello psicologico, cosa puoi fare, cosa non devi fare, ed in parole povere: come puoi dare supporto mentale ad un compagno impaurito, che si è infortunato più o meno seriamente e che ha bisogno di essere tranquillizzato?
Oltre a gestire la situazione da un punto di vista “sanitario”, bisogna essere in grado di affrontare la situazione anche da un punto di vista psicologico, per uscirne, uscirne bene, senza che questa sia vissuta come un trauma.
1.Le parole contano: crea e trasmetti un senso di sicurezza e comfort
Il solo fatto di pronunciare la frase “ora che è finita” può segnalare a qualcuno che la sua risposta di lotta o fuga può essere ridotta. Se la situazione lo consente, continua con un supporto pratico, come offrire una tazza di thè, una felpa morbida o una barretta zuccherata.
Anche nel mezzo di situazioni difficili, prestare attenzione ai piccoli segnali di prossimo crollo psicologico e rispondere enfatizzando sul lavoro di squadra può aiutare a far sentire l’infortunato meno solo e circondato da persone che intendono prendersi cura di lui. Gli attacchi di panico sono situazioni spesso sottovalutate, finché non si verificano davvero. L’attacco di panico, quello vero, è una reazione di forte paura che si manifesta con un blocco fisico o con un tentativo di fuga incontrollata da situazioni potenzialmente pericolose, o ritenute tali da chi ne soffre. In entrambi i casi, l’impulsività della reazione rischia di diventare pericolosa poiché porta a una perdita di lucidità mentale da parte del soggetto, e il conseguente pericolo concreto di azioni inconsulte. Non si tratta della “paura sana”, ossia quella che ti permette di valutare obiettivamente rischi e condizioni; bensì di un terrore incontrollato che può portare a visioni ed a perdita totale del controllo.
Caso tipico è quando, lungo una via d’arrampicata, una persona si blocca in sosta irrigidendosi contro la parete con la muscolatura completamente contratta, gli occhi chiusi, senza riuscire più né a salire, né a scendere e con la sensazione, talvolta espressa, di morte imminente. Oppure su un passaggio delicato una persona decide categoricamente di ritornare sui suoi passi senza essere più in grado di ascoltare suggerimenti o indicazioni. Un solo pensiero gli occupa la mente: andarsene via da quel posto, al più presto.
Il modo più efficace per aiutare una persona in questa terribile situazione è offrirgli rassicurazione e stimolarlo affinché venga riattivata la sua parte razionale e logica. Per farlo, dobbiamo offrirgli la nostra parte logica, “addolcita” da un tono positivo, chiaro, semplice e al contempo diretto e fare in modo che egli la accolga.
Se il pensiero della persona in crisi è attivo sui processi logici, meglio, devi procedere a disinnescare l’emotività. Puoi dire frasi come “Passami il moschettone. Passami la corda. Tieni il rinvio…“, di modo che questa sia partecipe, torni a riconoscere la situazione, l’ambiente e le persone attorno.
2.Coinvolgi il tuo compagno nelle decisioni da prendere.
Esempio di cose che si possono dire: “Hai reagito ottimamente alla caduta. E ora siamo al sicuro: la parte ripida della discesa è finita. Posso portarti dell’acqua? Una volta che sei pronto, forse puoi aiutarmi a capire il nostro percorso per la prossima tappa dell’escursione.”
Fai i complimenti, rassicura tramite frasi esplicite, descrivi ciò che fai, così da rendere il compagno partecipe.
Continua a monitorare e supportare tramite gesti, parole e sguardi la persona in crisi. Può essere che si senta ancora debole e confusa. Rimani vicino e osservane le reazioni. Può essere necessario ricordarle di mantenere una respirazione regolare. Gratificalo affermando che adesso le cose vanno meglio, ed è stato bravo a gestire il tutto.
3.Non costringere il tuo compagno a parlare o esprimersi: ascoltane i gesti e interpretali secondo la tua conoscenza ed esperienza
Praticare il primo soccorso psicologico significa anche ascoltare senza costringere qualcuno a parlare. Non è necessario rielaborare i dettagli di un evento traumatico e non è necessario che le persone colpite condividano i propri pensieri. L’obiettivo è più immediato: offrire calma, comfort e sicurezza sulla scia di un evento traumatico. Evita di dire “no” o di usare un atteggiamento che denoti paura, timori o preoccupazioni. Mantieni un tono di voce calmo e regolare.
Cosa NON dire?
E’ molto importante non usare parole che contengano immagini paurose come: “Non aver paura. Adesso non cadrai più. Non c’è più pericolo di farsi del male”.
Piccole dosi di gentilezza e premura tra i compagni di squadra possono trasformare momenti di paura e ansia in piccole vittorie e crescita profonda. Non male per un kit di pronto soccorso che non occupa spazio nel tuo zaino.
Climb safe.