“Nato e cresciuto ai piedi del Cervino, in una famiglia in cui il mestiere di guida alpina si tramanda da diverse generazioni, sembrava che non avessi altra scelta se non quella di diventare anch’io un alpinista.”
Così Hervé Barmasse dice di sé.
Nato nel 1977 ad Aosta, sembra non avere una diversa prospettiva di vita rispetto a familiari e concittadini. Più o meno poteva andare così. In realtà, un giorno gli capita un brutto incidente con gli sci, il quale comprometterà (fortunatamente non irrimediabilmente) la sua carriera come maestro di sci/guida alpina e porterà ad una prematura uscita dalla scena agonistica. La sua famiglia svolge il mestiere di guida alpina da ben 4 generazioni, non poco per il rischio di diventare la “pecora nera”.
Hervé non ha rotto il suo rapporto con la montagna a causa dell’incidente. Anzi, l’evento lo ha portato a dedicarsi in maniera costante e focalizzata alla pratica dell’alpinismo, con un’etica ed un’eleganza tutta sua, prediligendo leggerezza, velocità e stile alpino di salita.
Una volta ripresosi dall’incidente, Hervé diviene maestro di sci nel 1996 e di snowboard nel 1997, allenatore federale di sci nel 1998, operatore del soccorso Alpino Valdostano nel 2000, guida alpina dal 2000 ed istruttore nazionale delle Guide Alpine dal 2007.
Oggi è considerato uno degli alpinisti più forti e promettenti.
Cosa rende Hervé Barmasse così speciale?
Il suo curriculum sportivo riporta prime ascensioni e solitarie nelle Alpi italiane e nel Cervino, oltre che nell’Himalaya.
Tra le varie, queste 5 emergono per la difficoltà tecnica e ambientale del percorso, oltre che per situazioni meteo sfavorevoli in diverse spedizioni.
1. Solitarie nel Cervino: prima ripetizione della direttissima sud (2007) e concatenamento delle creste (2021)
Siamo nell’Aprile 2007 ed Hervé, già guida alpina, si appresta alla prima ripetizione della direttissima sud sull’immensa paretona del Cervino, aperta dal padre Marco, Walter Cazzanelli e Vittorio de Tuoni nel 1983.
La direttissima parte a quota 2900 metri e arriva ai 4478 metri della vetta. Il passaggio chiave è racchiuso in 200 metri, proprio nel cuore della paretona, lungo un pilastro che è relativamente più sicuro rispetto alle altre linee di salita. Le scariche di sassi, neve, rocce sono la condizione più frequente e pericolosa, da rendere le salite del Cervino con un esito così imprevedibile, e talvolta, disastroso.
Tuttavia, nel 2007 non si è conclusa una delle più epiche salite nelle Alpi occidentali.
A marzo 2021 Barmasse ha salito in solitaria e per la prima volta le sei spettacolari creste del Cervino: la Cresta del Leone, l’Hornli, Zmutt, Furggen e le meno note Deffeyes e De Amicis. Un’avventura che per la prima volta era riuscita a un “certo” Luigi Carell, in cordata.
2. Prima ascensione Cerro Piergiorgio con la via “La Routa de l’Hermano” con Christian Brenna, 2008
Dopo anni di tentativi e progetti infruttuosi, nel febbraio 2008, si può considerare conclusa la salita sulla parete nord ovest del Cerro Piergiorgio (Patagonia).
Per l’impresa si è vista la combo tra la guida valdostana ed il finanziere, Ragno di Lecco e “boss” dell’arrampicata sportiva, Christian Brenna. Secondo tentativo per Hervé, finalmente riuscito. La via si sviluppa su roccia (poco raccomandabile), seguendo un tratto logico proprio al centro della immensa Nord Ovest.
“La Routa de l’Hermano” supera i 950m di parete con uno sviluppo di 1150m per 29 lunghezze e una difficoltà di 6b+ A3 ED+.
3. Nuova via sul Cerro San Lorenzo con Bernasconi, Ongaro e Lanfranchi, 2006
Il team Hervé, Ongaro e Ragni di Lecco sviluppa una nuova via di ghiaccio e misto sull’inviolata paretona nord del Cerro San Lorenzo, in Patagonia.
Anche durante questa impresa, il meteo non era dalla loro.
Hanno fatto i conti, tra una perturbazione e l’altra, con l’avanzare dell’autunno patagonico e infine, lunedì 27 marzo, con tempo davvero incerto, il team è avanzato verso la grotta di ghiaccio precedentemente costruita ai piedi della parete. Alcune tempistiche: avviati alle 6 del 28 marzo, 7 ore per superare il canale, poi il delicato passaggio a “esse” della sinuosa goulotte e quindi il fungo sommitale. Alle 16 vetta e subito dopo la discesa, per un totale di 16 ore tra salita e discesa, con ritorno alla “cueva” fortunatamente ritrovata.
4. Prima salita del Beka Brakay Chhok (Pakistan) con Simone Moro, 2008
Ex vetta inviolata, il Beka Brakai Chhok (6940m, Baltar Glacier, Karakorum, Pakistan) è stato conquistato in 48 ore non stop, in un periodo mediaticamente turbato per via degli incidenti avvenuti sul Nanga Parbat e K2.
“Leggeri, veloci e soprattutto determinati, perché se non lo fossimo stati, al posto che un bivacco sopra i 6500 m, avremmo fatto dietrofront.” – difficile commentare il resoconto di Hervé a seguito della dura e unica impresa.
5. Salita in stile alpino della parete sud dello Shisha Pangma (8027m), in sole 13 ore
Maggio di qualche anno fa (2017), tranquilla domenica soleggiata per molti noi, data indimenticabile per Hervé e David Gottler, i quali hanno scalato i 2200metri della parete sud dello Shisha Pangma (Himalaya, Tibet). In sole 13 ore. Ed in perfetto stile alpino.
La salita è stata compiuta senza ossigeno, senza corde fisse, senza installazione di campi intermedi e, naturalmente, senza l’aiuto di portatori d’alta quota.
Una “corsa” in puro stile alpino. Eppure, l’impresa è stata “intaccata” da commenti (forse portati dall’invidia di un’impresa così difficilmente immaginabile) relativi alla non percorribilità degli ultimi 3 metri; per cui la vetta non è stata “ufficialmente” raggiunta.
“L’alto rischio di valanghe ci ha convinto a non completare gli ultimi metri.” ha confermato Goettler su FB “Ma Hervé Barmasse ed io, dopo tutte quelle ore, dopo oltre 2000m di dislivello sulla via Girona, ci sentivamo felici e soddisfatti. Abbiamo goduto di un panorama incredibile sul Tibet e ho sentito lo spirito del mio amico Ueli. La solitudine lassù era travolgente. Eravamo due piccoli uomini persi nell’enorme e selvaggio spazio tra lo Shisha Pangma ed il cielo.”
Facendo un salto ai giorni nostri, nel mese di Gennaio 2022, Hervé ha tentato la scalata della parete più grande del mondo (la Rupal del Nanga Parbat 8126 m). L’ideale che lo ha portato a tentare un progetto così arduo in inverno, era la sua forte passione e forza di volontà, nell’affrontarlo in puro stile alpino.
“Uno stile che rispetta la montagna e dì conseguenza l’uomo“ – commenta così Hervé.
Purtroppo, per l’ennesima occasione, il vento tra 70 e 200km/h e le conseguenze copiose nevicate hanno perdurato ed ha costretto lui e David Gottler alla ritirata.
Nulla sulle montagne di casa?
Hervé ha in realtà conosciuto, studiato, progettato ascensioni e una moltitudine di nuove vie sulla Gran Becca, la montagna “privilegiata” vicino casa. Lì è stato consacrato come alpinista d’eccezione, colui che più di ogni altro ha aperto nuove vie o compiuto salite in solitaria.
Anche Reinhold Messner, tra i meno propensi a regalare complimenti, ha riconosciuto gli onori a Hervé:
“Tempo fa ho detto che l’alpinismo era fallito, ma oggi dico no, non è vero, perché ci sono giovani come Hervé Barmasse“
Per la sua attività alpinistica ha ottenuto importanti riconoscimenti. tra i quali il premio accademico Paolo Consiglio ricevuto quattro volte.
Oltre alla carriera come alpinista, Hervé ha realizzato corto e film su alcune salite, come “Linea continua” nel 2010 e “Non così lontano” nel 2012
“La montagna dentro” è un libro autobiografico che ti consigliamo se sei rimasto affascinato da questo incredibile personaggio. Per chi vuole conoscerlo meglio, Hervé è protagonista di un docu film che è uscito in questi giorni al Banff Mountain film festival 2022.