Cordini in nylon, spezzoni di corda, anelli di fettuccia in nylon o dyneema. Diversi sono i materiali impiegati in arrampicata ed alpinismo per la costruzione di soste, allungamento di protezioni, o altro.
Uno di questi è il Kevlar, può essere utilizzato come cordino distribuito al metro o in cordini precuciti. Il vantaggio del cordino al metro è che lo si può realizzare della lunghezza desiderata per qualsiasi utilizzo, all’occorrenza lo si può aprire ed utilizzare come cordino od utilizzarlo chiuso come anello. In quest’ultima modalità deve essere applicato un nodo a contrasto come il doppio inglese. Il vantaggio del cordino precucito è che il carico di tenuta dichiarato per cui è omologato è effettivo, in quanto il kevlar viene testato ed omologato in configurazione ad anello, dove le precuciture hanno tenuta maggiore rispetto ai nodi applicati al cordino sciolto.
Il Beal Jammy è un cordino precucito in kevlar disponibile in diverse lunghezze.
Vediamo quali sono i pregi e difetti del Kevlar e di conseguenza quale sia il suo appropriato contesto di applicazione.
Innanzitutto il Kevlar (marchio registrato dalla società Dupont che lo ha inventato nel 1965) è una fibra sintetica, come il nylon, ma molto più resistente alla trazione. A parità di peso è 5 volte più resistente dell’acciaio, viene utilizzato come fibra di rinforzo per i giubbotti antiproiettile e componenti per aeroplani.
Ma il campo di applicazione industriale in cui il Kevlar è più diffuso è quello marino, con l’utilizzo di cavi in Kevlar per ancorare navi e per rinforzare i cavi oceanici in fibra ottica.
In virtù delle sue doti di resistenza il Kevlar ha trovato ampia applicazione in campo alpinistico dove è disponibile quasi esclusivamente nello spessore di 5.5mm. Questo spessore è così diffuso perchè conferisce al cordino il miglior rapporto peso/resistenza. I cordini in Kevlar di 5.5mm hanno un carico di rottura di circa 18kN, su un peso al metro di circa 23g.
Test effettuati dal T.M.T, uno dei laboratori americani più accreditati, hanno dimostrato che il cordino in kevlar montato sui nuts e chiuso con nodo inglese doppio si è rotto sotto un carico di circa 16kN, mentre un cordino da 7mm in nylon si è rotto a 12.3kN, mostrando così valori di tenuta eccezionali rispetto a cordini in nylon di diametro maggiore.
In generale si possono dare le seguenti indicazioni sui cordini in Kevlar:
Pro
– elevatissima resistenza alla trazione, utile per collegare protezioni
– maggior resistenza del nylon a spigoli taglienti
– corda fissa in ambito alpinistico: il freddo ne aumenta tenacia e resistenza
– punto di fusione elevatissimo (500°C), per cui viene considerato materiale ignifugo, fa sì che sia ideale come nodo autobloccante per le calate in corda doppia (non si brucerà mai) rispetto al nylon che ha un punto di fusione più basso (245C°)
Contro
– elevata staticità: controindicato in situazioni dove è richiesto assorbimento dinamico, quali longe, per il cui impiego è preferibile utilizzare il nylon.
– la rigidità del Kevlar è controindicata nelle operazioni di frequente annodamento e scioglimento, o uno scorrimento ripetuto come ad esempio in manovre con pulegge. E’ possibile che in queste condizioni le fibre rigide del Kevlar possano danneggiarsi riducendo la resistenza del cordino.
– l’anima del cordino in Kevlar tende a sfilacciarsi dalla camicia se sottoposto a trazione, per cui è tassativo chiudere gli anelli di cordino in Kevlar con nodo doppio inglese
– sempre per lo scorrimento della calza è fondamentale chiudere bene i capi del cordino fondendo la calza esterna in poliestere (non l’anima che è ignifuga) con una lama calda.
– va controllato periodicamente per verificare integrità della calza ed in caso va sostituito.
In definitiva, qualche anello di cordino in Kevlar non dovrebbe mancare nel corredo del buon alpinista, considerato il punto di fusione elevato che lo rende perfetto come nodo autobloccante per le calate in doppia, la maggiore resistenza al appoggio su spigoli per cui è particolarmente consigliato per l’assicurazione su clessidre e spuntoni taglienti.
Fonti Centro Studi Materiali e Tecniche del CAI: