Oggi parliamo di Alain Robert, nome d’arte di Robert Alain Philippe (Digoin, 7 agosto 1962).
Alain Robert è un arrampicatore francese, per chi lo conosce “l’uomo ragno”, colui che ha scalato oltre 100 vie in free solo su grattacieli di tutto il mondo, senza protezioni e con il solo ausilio di scarpette d’arrampicata (quando le ha…) e sacco per la magnesite.
Un vita a dir poco singolare
L’evento “iniziatore” fu la volta in cui dimenticò le chiavi di casa e decise di salire all’ottavo piano dell’edificio scalando dall’esterno. Ovviamente senza protezioni o scarpe adatte, con la sola foga di entrare. Non soffriva di vertigini.
Da lì inizia a scalare in maniera più assidua, nonostante la giovanissima età, quasi per curiosità e senza grandi aspettative, nelle falesie attorno a casa.
Robert si descrive nella sua autobiografia come un ragazzo un po’ introverso, con qualche difficoltà a trovare piacere nelle tipiche attività da ragazzi della sua età. Un po’ timido e un po’ riservato, con genitori particolarmente apprensivi e talvolta severi, scopre nell’arrampicata il suo luogo di rifugio intimo. L’arrampicata si rivela il suo porto sicuro, permettendogli un dialogo interiore serrato e fondamentale per progredire a livello fisico e mentale, ed al contempo palcoscenico delle sue più incredibili salite. Infatti, come si leggerà in seguito, le sue scalate spettacolari saranno seguite da milioni di persone a terra, nei centri città delle metropoli più affollate al mondo, o anche in diretta tv.
Inizia così, poco più che adolescente, scappando con la bici per correre nella falesia vicino casa, di nascosto dai genitori. Scopre con alcuni amici l’intensità dell’affrontare vie di salita molto dure, gradate oggi sul VII-VIII grado, e talvolta effettuate in free solo.
Il suo modo di porsi nei confronti dell’arrampicata, anche con fissazioni verso particolari vie (quasi ossessivo è il suo rapporto con la via l’Abominable, nel Verdon) lo porta a migliorare ogni aspetto del suo stile di vita, come anche la nutrizione: infatti, lui stesso afferma di non aver più toccato un grammo di cioccolata per diversi anni!
La sua passione per l’arrampicata, ed il suo immergersi totalmente nel progetto in corso, in modo maniacale, lo porterà ad essere tra i primi arrampicatori degli anni ’70 e ’80 a lavorare vie, seguire un metodo di allenamento preciso e guadagnare vie sull’ottavo grado, intense, fisiche e credute fino a quel momento “impossibili”.
Un altro aspetto che Alain scopre in quegli anni e che rimarrà parte solida del suo carattere per tutta la vita, e valore irrinunciabile, è l’etica con cui affronta le vie; un’etica intoccabile, una durezza verso se stesso che lo porterà a miglioramenti continui ma anche ad una vita sofferta, tra rinunce e allenamenti assidui.
Il primo di una lunga serie di incidenti gravi
Un giorno del 1982 Alain Robert subisce un incidente, il primo grave di una serie. Si trova in falesia, cade dalla catena posta all’altezza di 15 metri e finisce in ospedale con fratture multiple in tutto il corpo e al cranio.
In realtà, ciò che davvero segna la sua vita, è un secondo episodio di caduta. Stessa altezza, situazione simile, anche stavolta la causa dell’incidente è da ricercarsi nella mancata tenuta del cordino di alcuni ragazzi presenti in falesia, che gli chiedono un favore per fissare la loro corda in sosta. Alain accetta ma il cordino per assicurarsi cede e lui precipita.
Questa volta, però, rimane in coma diversi giorni e sofferenza atroce a parte, riceve la notizia dai medici che più lo destabilizzerà: non potrà più arrampicare. Non solo, ma considerata la sua situazione clinica post incidenti è disabile al 60%!
Non è nemmeno finita qui, perché nel corso degli anni gli viene diagnosticata un’altra grave malattia che gli procurerà dolore, spasmi improvvisi ed incontrollabili, oltre che progressiva perdita di mobilità articolare alle mani. Un polso è, purtroppo, presto compromesso e la malattia non è curabile. L’ennesima tragedia è la scoperta di soffrire di vertigini, in seguito all’ultima brutta caduta, sintomo che insorge senza preavviso e che soprattutto non è curabile, cosa che rende ancora più difficile l’idea di provare a tornare a scalare.
Nonostante la sofferenza, il dolore e l’opinione molto negativa dei dottori, Alain riprende a scalare in un arco di tempo relativamente breve e, incredibilmente, scala con uno stile sempre più preciso, affinato e tecnico, passando dalla falesia alle Alpi e infine.. ai grattacieli. Rimane tutt’oggi sconosciuta la soglia del dolore percepita da Alain per la sua situazione di disabilità al 60%, oltre che la ragione medica per cui lui possa effettivamente arrampicare.
Un climber “criminale”
Come nasce l’assurda idea di scalare grattacieli? In realtà, pur scalando vie difficili e molto tecniche, e rientrando tra gli arrampicatori più bravi al mondo del periodo, Alain non è sponsorizzato, se non sporadicamente. Cosa abbastanza normale per il periodo storico. Alain dedica tutto il tempo libero che ha a coltivare la sua passione, inizia ad ottenere una certa fama e tuttavia non è “libero” di vivere la sua passione in toto. L’arrampicata in quel periodo non è vista di buon occhio dalla società, in particolare nei suoi estremismi come il free solo. Differente e più positivo, è invece il fascino di scalare le vette più alte o difficili al mondo, partecipando a spedizioni internazionali e lasciando un’impronta anche “politica” sulla cima del monte raggiunto. L’arrampicata sportiva, ed il free solo, faticano invece ad attecchire, ed anche gli scalatori più forti al mondo faticano a farne una professione.
Un giorno un giornalista lo chiama per commissionargli foto in ambiente, ricercando un’idea particolare e stravagante, che potesse emergere dalla rivista e al contempo “svecchiare” l’idea di arrampicata come uno stile di vita lontano dal centro città ed asociale.
Nasce così l’idea di arrampicare la prima parete urbana con il solo ausilio di magnesite e scarpette d’arrampicata (quando le aveva… spesso il look era più da cowboy con stivali sbrilluccicanti e giacca in pelle nera). Da qui, tuttavia, nascerà un rapporto molto problematico che durerà per tutta la vita, con la legge. Scalare edifici, infatti, è illegale. Non tanto per ottenere il permesso dai proprietari dei palazzi più moderni ed alti al mondo, quanto più perché cadere da una tale distanza – si parla di 200, 300 metri – potrebbe causare incidenti anche a chi cammina nelle strade adiacenti i palazzi. Oltre che per una questione di pericolo di emulazione. Quindi, ad ogni salita, Empire State Building e Torri Petronas a Kuala Lumpur nel 1994, Sears Tower di Chicago in Illinois nel 1999, ‘Obelisco di Luxor in Francia, Jin Mao Building in Cina e molto altro, viene arrestato e portato in prigione. Accrescendo la fama e chiarendo che il suo intento non ha nulla a che fare né con il suicidio, né con il cercare emulazione, ma solo per il piacere di scalare e offrire uno spettacolo unico agli improvvisati spettatori della strada, riesce ad accorciare la sua permanenza in prigione. Tuttavia, ci sono alcune scalate particolarmente temute e progettate con cura maniacale, e sono quelle che si tengono in stati con regimi dittatoriali, per cui le scappatoie dalla prigione non appaiono così scontate. In questi casi Alain si affida ai migliori avvocati che l’azienda che lo sponsorizza riesce a fornirgli, e valuta caso per caso se la scalata vale davvero la pena alcune notti in prigione.
Un arrampicata diversa, alle prese con condizioni metereologiche inimmaginabili
Due aspetti interessano particolarmente allo scalatore francese. Il primo riguarda la tecnica con cui gli edifici sono progettati e costruiti. Sembrerà strano, ma progredendo verso i piani sommitali, l’architettura dei grattacieli più alti al mondo cambia decisamente, per una questione di stile ma anche di struttura e materiali usati, i quali devono resistere a temperature diverse rispetto a giù e a condizioni atmosferiche più avvezze a vento, pioggia, nebbia, ma anche sole e quindi raggi ultravioletti più aggressivi. Il secondo aspetto è infatti quello meteorologico, che Alain Robert studia, ipotizza, cerca di prevedere il più possibile ma su cui non ha mai certezza.
La preparazione atletica e la tecnica maturata negli anni permettono ad Alain Robert di arrampicare sfruttando qualsiasi minuscola sporgenza delle pareti e delle finestre, arrampicando in placca, diedro e fessura prevalentemente, anche se non mancano alcuni tetti spaventosi. La stragrande maggioranza delle salite nei grattacieli più grande al mondo richiede tecnica, forza, equilibrio e flessibilità, fisicità leggera e tanta resistenza: infatti, pur non durando generalmente più di un paio d’ore, non prevedono soste. Non è sempre possibile riposare in via, motivo per cui occorre la perfetta combinazione tra velocità e attenzione.
L’innegabile forza mentale e passione, dedizione, allenamento intenso nonostante il dolore dovuto alla malattia e allo stato di invalidità permanente in tutto il corpo al 60% rendono Alain Robert uno scalatore eccezionale della nostra epoca, un esempio di determinazione, costanza e resilienza.
Per saperne di più: autobiografia, pubblicata da Le Cherche midi nel 2004, tradotta in italiano nel 2006 e pubblicata da Versante Sud con il titolo “Spiderman”.
Sestogrado – yes, we climb.