O per restare in tema, sgradare non sgrada mai. Sarà capitato a tutti, almeno una volta, di salire su una via e trovarla più facile di quanto ci si aspettasse. Ci sciogliamo il nodo e intanto riflettiamo “mah, a me non è sembrato 7a…” e di solito ce lo teniamo per noi. A volte invece sentiamo l’impulso di comunicarlo ai nostri vicini di falesia. Oppure è proprio uno di loro che, mentre ancora dondoliamo a un metro da terra, afferma che il tiro da cui ci siamo appena calati è sovragradato. Fra l’altro nessuno glielo aveva chiesto. E magari era la prestazione della giornata. Come se ci togliessero dalle mani la medaglia d’oro per rifilarci quella di bronzo.
Ovviamente la “sgradazione” di una via riguarda anche e soprattutto i grandi. E’ di questi giorni la ripetizione da parte di Adam Ondra di Erebor, via di 9b+, chiodata da Stefano Ghisolfi all’eremo di San Paolo, Arco di Trento. Via ripetuta da Laura Rogora che così si era aggiudicata il titolo di prima donna ad aver effettuato una scalata di 9b+.
Dopo averla ripetuta Adam Ondra ha dichiarato: “Riguardo al grado la mia proposta è 9b. Ci sono soluzioni più facili per superare il passaggio chiave superiore a confronto col metodo originale seguito da Stefano, che indubbiamente è un 9b/b+ secondo me. Il mio metodo è probabilmente un po’ morfologico, ma ci sono piccole diverse vie attorno ad esso, se preferite, piccole tacche, e c’è sempre il beta di Laura per i meno alti.”
Ondra aggiunge: “Sono pienamente cosciente del fatto di poter essere criticato per aver sgradato una via recentemente salita da una donna. Il fatto che Laura abbia salito Erebor rappresenta una delle più impressionanti imprese di sempre nella storia dell’arrampicata, la mia proposta è solo una mia sincera opinione e non certo un modo per sminuire il suo successo. Senza parlare del fatto che in fondo lei possa salire vie anche più dure di questa.”
Stefano Ghisolfi su Erebor.
Se la riflessione di Adam Ondra è più che comprensibile e giustificata, visto il livello di cui stiamo parlando, i vari ed eventuali ragionamenti sui gradi riempiono frequentemente la bocca e le orecchie degli arrampicatori, che fondamentalmente si scordano di una cosa: gradare non è una scienza esatta. Le falesie risuonano di polemiche da parte di chi è meno alto di 1.63 o più alto di 1,77, da chi ha le dita grosse, da chi non capisce il granito, da chi conosce solo un tipo di roccia e da chi puntualizza che la via accanto è un pelo più dura. E tutto a volte per mezzo grado.
In ogni caso c’è chi ha una vera e propria passione per sgradare le vie. Dietro a questa singolare abitudine ci possono essere motivazioni diverse, alcune comprensibili, altre un po’ meno. Ecco dei tipici profili di sgradatori, in ordine sparso di follia:
Quelli che svalutano solo le vie che gli sono totalmente congeniali, ma che magari non riescono ad arrivare in sosta quando lasciano il loro stile preferito: strapiombisti che passeggiano su tiri rovesciati e che piangono sulla placca; placchisti old style che non tollerano la gravità.
C’è chi sgrada tiri ben sotto il proprio livello, non rendendosi conto che la difficoltà è soggettiva; arrampicatori da 8a che passeggiano su vie per loro elementari e le sottopongono a una crudele svalutazione che le lascia mozze di uno o due gradi. Un po’ come se un professore universitario sgradasse Sapientino.
Anche i locals, quelli per cui la falesia “di casa” non ha più segreti, mostrano talvolta una spiccata propensione per la sgradatura incontrollata. I loro riscaldamenti somigliano più a delle coreografie di ballo e sanno essere prodighi di consigli su incastri e trucchi vari. Con i quali in effetti il 7b su cui state arrancando può tranquillamente diventare 6b+.
Alcuni arrampicatori sgradano per sembrare più forti. Altri al contrario perché non si sentono in forma: “non posso aver fatto un 6c!”.
C’è chi lo fa perché conosce a memoria ogni singolo passaggio di una via e la sgrada dopo trenta giri. Può succedere infatti che, analizzato ogni centimetro di roccia, spazzolato ogni appoggio e ogni tacca ripulita e inamidata… La via cominci a sembrare più facile. C’è anche chi sgrada i tiri senza averli chiusi!
C’è chi ha la tendenza a sgradare perché nato e cresciuto, arrampicatoriamente parlando, in zone in cui i gradi si danno col contagoccie, come succede ad esempio in alcune mecche storiche della scalata. Abituato a digiuni e ad addestramenti marziali per riuscire a salire i 6a, si trova a chiudere a vista tiri che in patria sarebbero stati progetti. E sgrada assolutamente in buona fede.
C’è anche chi sgrada perché… come Adam Ondra, scala da dio. In questi pochi eletti la forza va a braccetto con l’eleganza, la tecnica spalleggia la testa, il corpo diventa un tutt’uno di precisione e potenza… E insomma questi poveri cristi hanno davvero una percezione diversa della realtà.
La tendenza allo sgrado può contagiare anche chi attrezza e libera le vie. Esiste vergogna peggiore del farsi sgradare un’intera falesia? Per non correre il rischio meglio tenere i gradi stretti (se però l’obiettivo è incentivare la frequentazione di un nuovo settore, converrà fare il contrario: una gradazione generosa funziona meglio di un open bar!).
Cosa succede invece quando la via che ci respinge ha un livello di difficoltà che solitamente non ci tira mazzate? Qualunque sia il motivo che porta gli arrampicatori a sgradare, il caso opposto, per qualche bizzarra ragione, capita decisamente più di rado. Magari ammetteremo che la gradazione è severa, ma difficilmente sosterremo che un tiro ha un grado più alto di quello “ufficiale”. Siamo noi ad essere troppo poco tecnici o allenati. Insomma, sgradata la via e sgradato il climber.